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Sulla scuola…

Sulla scuola…

Ringrazio Papillon per gli stimoli che offre affrontando questioni complesse in maniera semplice e chiara. Faccio l’insegnante, sono quindi particolarmente sensibile alle tematiche che riguardano il mondo della scuola e riporto qui alcune riflessioni scaturite dalla lettura dell’ultimo articolo di Valeria Verna.
Oltre a “Formare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori. Favorire la comunicazione tra scuola, famiglie e servizi”, la legge 170 ha altre importanti finalità come quella di “favorire il successo scolastico… garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;” o ancora “ridurre i disagi relazionali ed emozionali”, “assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità”. Ma, come dice il detto popolare, “fatta la legge, trovato l’inganno”. La legge si conclude infatti con l’art. 9 dall’esauriente titolo “Clausola di invarianza finanziaria” che così recita: “dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
Nel frattempo…“Dieci miliardi di tagli al bilancio di scuola e università tra il 2008 e il 2012. Otto miliardi e cinquecento milioni di tagli alla scuola (il 10,4 per cento del budget complessivo) e 1,3 miliardi di euro all’università (su un totale di 7,4 miliardi nel 2007, 9,2%), per la precisione.” Così documentava Roberto Ciccarelli sulle pagine di un quotidiano (http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/tagli-all-istruzione-targati-gelmini-10-miliardi-e-100-mila-cattedre-in-meno.flc).
Non sto qui a denunciare i bassi stipendi degli insegnanti, che pure andrebbero presi nella giusta considerazione, ma a evidenziare il fatto che quei tagli hanno significato la fine di progetti finalizzati proprio all’attuazione di quelle finalità che la L.170/2010 auspicava.
Prima dell’avvento dei tagli insegnavo nella scuola primaria e passavo intere giornate con i bambini realizzando spettacoli teatrali, laboratori musicali, addirittura film.
Ricordo ancora una coppia di gemelli iscritti per motivi familiari nella stessa classe dalla prima elementare. Uno dei due passava il suo tempo in totale silenzio seduto al suo posto. Era impossibile riuscire a farlo parlare, figuriamoci quanto fosse complesso insegnargli a leggere. Il tempo giusto mi ha concesso di realizzare uno laboratorio teatrale dal quale è venuto fuori uno spettacolo inventato interamente dai bambini. Ho dato a Mario il ruolo più difficile: declamare in pubblico una lunga filastrocca che, accompagnata da un balletto di matite colorate, concludeva lo spettacolo. Mario ce l’ha fatta!
Questo è solo un esempio di quel che si poteva realizzare quando la scuola non era ancora diventata “azienda”, con la conseguente finalità di tutte le aziende di far quadrare il bilancio, come se la scuola fosse un luogo di produzione di beni materiali, valutabili in termini di profitto! Non esisteva ancora nessuna legge sui DSA. Questo non vuol dire, come testimonia quel che ho appena raccontato, che non ci fossero difficoltà e potrei elencarne molte, semplicemente c’era il tempo di trovare il modo giusto per affrontarle e superarle. C’era il tempo per coinvolgere i genitori, anche quelli più refrattari. Ricordo ancora la telefonata della mamma di Mario che, alla conclusione della classe quinta elementare, mi ringraziava commossa per quel che Mario era diventato: un bambino chiacchierone e allegro come tanti.
Non so quale diagnosi sarebbe stata “effettuata nell’ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale” nei confronti di Mario, ma so che aveva bisogno di qualcuno che trovasse il tempo e la calma per “favorire il (suo) successo scolastico… garantire una (sua) formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle (sue) potenzialità;” e soprattutto “ridurre i (suoi) disagi relazionali ed emozionali”.
Oggi insegno in un Liceo artistico e in una mia classe il numero di alunni con DSA arriva a otto su ventidue! Impossibile prevedere progetti che mettano in atto le belle finalità dichiarate dalla legge 170: nessuna attività fuori dall’orario scolastico è possibile perché prevederebbe fondi che la scuola non ha. Non c’è quel “tempo lento e di qualità” che giustamente Valeria Verna auspica. Tutto si riduce a scartoffie burocratiche che testimonino avvenuti incontri con le famiglie e con gli specialisti (spesso latitanti!) realizzate in tempi brevissimi e alla compilazione di Piani Didattici Personalizzati nei quali vengono elencate misure che sembrano avere il solo scopo di non dar luogo a ricorsi legali da parte dei genitori, con la stanchezza di insegnanti che sentono tutta l’inutilità di tali pratiche, costretti poi a valutazioni e promozioni a dir poco scorrette, con tutto il senso di colpa derivante dalla constatazione di non aver fatto quanto il loro ruolo di formatori avrebbe richiesto.
Io ripenso a Mario e a quanto quel bambino silenzioso è stato importante per la mia formazione.

Mariantonietta Rufini

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